La FAO definisce le diete sostenibili come “diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future” e che “concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono accettabili culturalmente, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane”.
La sostenibilità di una dieta si compone quindi di molti elementi che vanno dall’impatto sull’ambiente a quello sulla salute, la società e la cultura.
Un modello di alimentazione sostenibile deve tenere conto di tutte queste caratteristiche e contribuire alla sicurezza alimentare e nutrizionale delle generazioni presenti e future oltre a salvaguardare il pianeta.
Vediamo insieme i vari tipi di “impatti” che le nostre scelte possono avere.
Impatto ambientale
Il sistema alimentare, a tutti i livelli, determina necessariamente un certo impatto ambientale. Questo impatto può essere però molto diverso a seconda del modello alimentare che scegliamo di seguire.
La produzione stessa degli alimenti può, già di per sé, determinare una o tutte tra le seguenti conseguenze: riduzione della biodiversità, inquinamento, erosione del suolo, danni al paesaggio, consumo di riserve idriche o emissioni di gas serra.
Abbiamo poi la trasformazione e la distribuzione dei prodotti alimentari che impattano in modo significativo: conservazione, imballaggi, trasporto, smaltimento dei rifiuti e degli scarti.
Analizzare l’impatto ambientale di una dieta significa prendere in considerazione il grado di utilizzo del suolo (impronta ecologica), il consumo di risorse idriche (impronta idrica) e i livelli di emissione di CO₂ (impronta del carbonio).
Le diete caratterizzate da un elevato contenuto di alimenti vegetali e da un limitato contenuto di carne hanno un minore impatto sull’ambiente.
In particolare, la quantità di carne nella dieta impatta in modo significativo sia sulle richieste di terreno agricolo, sia sul consumo di risorse idriche e sull’emissione di gas serra.
Si stima, infatti, che nel mondo la produzione di carne sia responsabile del 18% delle emissioni globali di anidride carbonica dovute ad attività umane. Si tratta di una percentuale simile a quella dell’industria e più elevata di quella dell’intero settore dei trasporti, che ammonta a circa il 13%.
Esiste inoltre una differenza significativa di impatto ambientale tra le varie tipologie di carne. Le carni bovine determinano una maggiore produzione di gas serra e utilizzo di suolo e acqua rispetto alle carni suine e del pollame.
Questa evidenza va a braccetto con le linee guida per una sana alimentazione che ci consigliano di ridurre il consumo di carne, rossa in particolare, a favore di un aumento di prodotti vegetali come cereali e legumi per la prevenzione delle principali patologie cronico-degenerative.
Quali alimenti preferire per ridurre l’impatto ambientale
Come già detto, dovremmo prediligere un’alimentazione prevalentemente a base vegetale.
Se scegliamo di mantenere un’alimentazione onnivora, possiamo comunque impegnarci a mangiare la carne solo un paio di volte a settimana prediligendo quella bianca (pollame o coniglio) e sostituendola spesso con combinazioni di legumi e cereali o con uova, latticini o pesce.
Tra le varie tipologie di pesce sarebbe bene orientare le proprie scelte su quello di piccola taglia (alici, sardine, sgombro) o sulle specie meno conosciute.
La riduzione massiva delle risolse ittiche, infatti, è principalmente a carico delle specie più grandi e/o più consumate come tonno, pesce spada, merluzzo, sogliola.
Delle oltre 700 specie di pesce commestibile ne viene commercializzata solo una piccolissima parte, circa il 10%, a causa di abitudini alimentari ormai consolidate e improntate sulla monotonia dei consumi.
Per quanto riguarda il pesce di acquacoltura, se allevato con criteri di sostenibilità, può essere considerato una valida alternativa al pescato, con differenze minime a livello nutrizionale e generalmente un prezzo più accessibile.
Tra i prodotti di origine animale vale la pena ricordare i prodotti lattiero-caseari (latte, yogurt e formaggi) che presentano un impatto ambientale ridotto rispetto a quello delle carni e possono rappresentare una valida alternativa come fonte di proteine e calcio.
Analizzando invece il gruppo degli alimenti vegetali, frutta e verdura in particolar modo, l’impatto ambientale può variare molto a seconda del tipo di produzione e di trasformazione.
Per esempio: i prodotti fuori stagione (conservati a lungo in celle frigorifere), i prodotti coltivati in serra (se richiedono illuminazione o riscaldamento aggiuntivi) e i prodotti surgelati (che richiedono catena del freddo durante trasporto e distribuzione) potrebbero avere un maggiore impatto ambientale.
La scelta dei metodi di cottura
Le cotture rapide determinano un minor consumo di energia. Le modalità di cottura a più basso impatto ambientale sono il forno a microonde e la pentola a pressione, mentre quella a maggior impatto ambientale è il forno tradizionale elettrico. Anche semplicemente usare coperchi riduce il consumo di energia perché abbrevia i tempi necessari per arrivare all’ebollizione e consente di mantenerla abbassando la fiamma.
La stagionalità dei prodotti
L’alimento di stagione viene prodotto in campo aperto, oppure in serra senza però l’uso di luce e/o di riscaldamento aggiuntivo. La frutta e la verdura di stagione costano meno e sono più buone perché più ricche di nutrienti. Potrebbero inoltre, ma non sempre, venire da agricoltura locale.
È molto difficile definire una tabella univoca di stagionalità dei prodotti orto-frutticoli.
Infatti, negli anni sono variati i periodi di produzione e raccolta a causa del cambiamento del clima e delle tecniche di produzione. Abbiamo inoltre una maggiore disponibilità di varietà precoci e tardive che aumentano in modo considerevole la presenza sul mercato di prodotti di stagione che non lo erano qualche tempo fa.
Prodotti locali sì, ma di stagione
Questa indicazione va di pari passo con la precedente. I prodotti locali implicano un minor impatto ambientale solo se di stagione. Il “Chilometro Zero” infatti non è sempre e comunque un indicatore di sostenibilità. Può essere, per esempio, che un prodotto importato da lontano, in un periodo dell’anno in cui in Italia sarebbe fuori stagione, comporti un minor impatto ambientale rispetto alla produzione locale in serra o con lunghe conservazioni del raccolto in celle frigorifere.
Prediligere prodotti locali di stagione ha anche un impatto sociale, accorciando la filiera assicuriamo un maggior guadagno per gli agricoltori.
Gli imballaggi
L’imballaggio dei prodotti alimentari ha lo scopo di proteggere e conservare l’integrità dell’alimento stesso, di aumentare la conservabilità dei prodotti freschi e a volte anche a rendere più agevole l’acquisto, oltre che a veicolare informazioni al consumatore attraverso l’etichettatura.
Negli anni è sicuramente cresciuta l’attenzione verso l’impiego di materiali per l’imballaggio che siano riciclabili e la cui produzione presenti un basso impatto ambientale.
Cosa possiamo fare a livello domestico?
Scegliere prodotti con meno imballaggi e controllare che siano riciclabili, oltre ovviamente a smaltirli poi in modo corretto, differenziandoli.
Un esempio di imballaggio che potremmo evitare è quello dell’acqua in bottiglia. Possiamo scegliere di consumare l’acqua del rubinetto e di portarla con noi, fuori casa, tramite borracce riciclabili.
Ridurre gli sprechi domestici
Lo spreco alimentare ha un costo, oltre che economico, anche ambientale. Basti pensare che per produrre il cibo che non verrà consumato, vengono inutilmente utilizzate risorse naturali, generate emissioni nell’atmosfera e prodotti più rifiuti.
Le cause principali che ci portano a buttare via il cibo a livello casalingo sono: l’acquisto di eccessivi quantitativi di alimenti rispetto al reale consumo, l’inadeguata gestione del cibo che sosta troppo tempo in casa fino a scadere e il mancato riutilizzo degli avanzi.
Gli alimenti più sprecati a livello domestico sono quelli più facilmente deperibili come frutta, ortaggi, pane fresco e quelli con scadenze molto brevi.
Cosa possiamo fare per ridurre gli sprechi a livello domestico?
Innanzitutto, fare la spesa in modo più oculato, facendo una lista di quello che realmente ci serve senza farci attrarre da offerte e maxi-confezioni, guardando con attenzione le date di scadenza dei prodotti.
Una volta a casa sistemiamo la spesa riponendo gli alimenti appena acquistati dietro a quelli già presenti in casa, con scadenza anteriore. Conserviamo gli alimenti in contenitori ermetici per rallentarne il deterioramento. Scegliamo il ripiano più appropriato del frigorifero: frutta e verdura nei cassetti, pesce e carne crudi al primo piano (che è quello più freddo), carne cotta al secondo piano, affettati, formaggi e uova più in alto. In questo modo gli alimenti si conserveranno meglio e più a lungo.
È importante imparare ad usare gli avanzi. Possiamo, con un po’ di fantasia, riutilizzarli il giorno successivo per preparare nuovi piatti oppure congelarli per un utilizzo futuro.
Controlliamo anche i nostri rifiuti, ci aiuterà a organizzare meglio le spese successive.
Qui puoi approfondire meglio il tema dello spreco alimentare con tutti i consigli per ridurlo.
Impatto sociale ed economico
Le nostre scelte alimentari hanno un forte impatto sulla salute. Influendo sul rischio di sviluppare diverse malattie croniche, incidono sul costo che dobbiamo sostenere sia come singoli individui che some società per la cura di queste patologie.
Una dieta sana e adeguata non deve essere per forza più costosa, anzi è possibile costruire un’alimentazione salutare a basso costo senza grandi difficoltà.
Possiamo scegliere di acquistare frutta e verdura stagionali nei mercati locali o direttamente dagli agricoltori per trovare prezzi più vantaggiosi.
Anche al supermercato possiamo trovare alcuni prodotti in offerta, che magari presentano solo qualche piccolo difetto estetico come macchioline sulla buccia, forma irregolare o dimensioni ridotte.
Un’altra buona abitudine è quella di preparare, il più possibile, i piatti in casa elaborando le ricette anche con materie prime meno costose. Questo ci costerà un po’ di tempo e fatica ma ci farà sicuramente risparmiare denaro: i piatti pronti, il porzionato, le verdure già pulite hanno un costo aggiuntivo che possiamo risparmiare con un po’ di buona volontà.
Inserire spesso i legumi nell’alimentazione settimanale è un comportamento che favorisce la salute e aiuta anche il portafoglio, possiamo infatti considerali una buona fonte proteica se associati ai cereali.
Anche pasta, pane e riso sono sicuramente prodotti a basso costo per porzione, che dovremmo inserire quotidianamente nella nostra dieta.
Per quanto riguarda i prodotti di origine animale abbiamo diverse opzioni.
Le uova, per esempio, rappresentano un’ottima fonte proteica a basso costo.
Anche latte, yogurt e ricotta sono prodotti economici, alla portata di tutti, buone fonti di proteine e calcio.
Tra i pesci potremmo prediligere i piccoli pesci del mediterraneo che presentano i prezzi più accessibili tra il pescato fresco. Possiamo valutare come alternativa anche il pesce di allevamento o quello surgelato, solitamente meno costosi ma comunque validi dal punto di vista nutrizionale.
La carne andrebbe invece limitata per ridurre tutti i tipi di “costi” della dieta: economico, salutare e ambientale. Tra le carni, il pollo potrebbe essere il miglior compromesso; in ogni caso da consumare al massimo un paio di volte a settimana.
Tra i prodotti confezionati per la colazione (tipo cereali, fette biscottate, biscotti) possiamo fare attenzione alla collocazione dei prodotti sugli scaffali al supermercato. I prodotti più vantaggiosi (tipo “primo prezzo”) vengono solitamente riposti negli scaffali più bassi o comunque meno in vista. Rappresentano una valida alternativa ai più costosi prodotti di marca e non presentano grandi differenze dal punto di vista nutrizionale.
Un’ultima cosa che possiamo fare, a costo zero, per migliorare il nostro stato di salute è l’attività fisica all’aria aperta: camminare o andare in bicicletta. Magari sfruttandoli anche come mezzi per gli spostamenti brevi invece che usare sempre l’auto.
La Dieta Mediterranea come esempio di dieta sostenibile
La Dieta Mediterranea, per le sue caratteristiche, rispetta tutti i criteri di sostenibilità e può essere considerata a pieno titolo uno dei modelli alimentari maggiormente sostenibili.
È caratterizzata da una preponderanza di prodotti vegetali (ortaggi, frutta fresca, legumi, cereali, olio d’oliva e noci) e da un limitato consumo di carne e altri prodotti animali.
Si basa inoltre sull’utilizzo di cibi freschi, di stagione e provenienti dal territorio, incoraggiando il recupero e il riutilizzo degli avanzi, promuovendo così un approccio più sostenibile all’alimentazione.
Nella dieta mediterranea il cibo è anche uno strumento di relazione sociale, indipendentemente da età e classe di appartenenza. È un patrimonio culturale alla cui base vi sono le tradizioni gastronomiche, la convivialità e la ritualità quotidiana. La cultura della tavola è valorizzata e gli alimenti non sono solo cibo, ma un simbolo di cultura e identità.
A questo si uniscono gli ormai confermati benefici sulla salute. Si è dimostrata efficace nel prevenire l’insorgenza di varie patologie cronico-degenerative (malattie cardiovascolari, diabete, obesità, alcuni tipi di tumori), nel ridurre la mortalità per tutte le cause e favorire quindi la longevità.
Per perseguire l’obiettivo di utilizzare le risorse alimentari in modo efficiente, ridurre gli sprechi e promuovere pratiche sostenibili, la dieta mediterranea e le sue “buone pratiche” alimentari possono svolgere un ruolo fondamentale.
9 brevi consigli conclusivi, direttamente dalle linee guida
- Combina nella tua dieta tanti alimenti vegetali (frutta, verdura e ortaggi, legumi e cereali) con pochi prodotti animali, necessari per evitare carenze che comporterebbero ricorso ad integrazione con i relativi costi anche ambientali. Già questo ti permette di proteggere l’ambiente.
- Consuma sempre latte e yogurt secondo le raccomandazioni. Sono alimenti importanti per l’equilibrio della dieta, che consumiamo poco e che hanno anche un impatto ambientale minore rispetto ad altri alimenti di origine animale.
- Modera il consumo di carne, attenendoti alle raccomandazioni e sostituendola più spesso con cereali e legumi.
- Metti in opera tutte le strategie possibili di lotta allo spreco alimentare perché molto possiamo fare anche a livello domestico. Per produrre cibo che non verrà consumato vengono inutilmente utilizzate risorse naturali e generate emissioni nell’atmosfera e rifiuti.
- Programma la spesa familiare cercando di non fare scorte che non riesci a smaltire. Eviterai che parte della spesa vada a male e debba essere eliminata.
- Riponi con attenzione la spesa: gli alimenti più “nuovi”, con una data di scadenza più lontana devono essere posti in posizione meno visibile nel frigorifero o nella dispensa. Vanno messi d’avanti quelli più vecchi, al fine di consumarli prima ed evitare che vadano sprecati.
- Ricicla gli avanzi in nuove ricette o mangia il giorno dopo quello che è avanzato. Non sprecare e insegnare a non sprecare significa fare cultura del valore del cibo.
- Struttura ricette con materie prime meno costose ma ugualmente nutrienti. Pollo, uova, latte, yogurt, ricotta, legumi hanno un grande valore nutrizionale e possono essere la base di molte preparazioni gustose.
- Scegli l’acqua di rubinetto: è ottima dal punto di vista nutrizionale e utile per l’ambiente.
Per approfondire
Lo spreco alimentare: un po’ di numeri e consigli utili.
La dieta mediterranea: spiegata bene e in modo semplice.
CREA: Linee guida per una sana alimentazione.
Dieta sana = dieta costosa?